Il futuro della formazione: come migliorare le competenze del tuo staff

I trend sul futuro del lavoro mostrano una rapida evoluzione nei cambiamenti in atto nelle modalità di lavoro e nei set di competenze necessarie al raggiungimento degli obiettivi delle organizzazioni. Sono tendenze in atto ormai da tempo ma che nell’ultimo anno hanno subito un’accelerazione dovuta all’emergenza sanitaria, entrando di fatto nella quotidianità lavorativa delle persone.

Mentre i trend ci indicano le previsioni di un futuro imminente, i dati mostrano come le organizzazioni e le persone oggi non siano ancora pronte a sufficienza per i ruoli che saranno cruciali nei prossimi anni. 

Entro il 2025, su scala globale il 50% di lavoratori avrà bisogno di riqualificarsi con nuove o maggiori competenze. È quanto emerge dall’ultimo report del World Economic Forum sul futuro del lavoro. Molte mansioni saranno sostituite o in parte rese più semplici dalla tecnologia, mentre alcuni ruoli scompariranno del tutto

Pensiero analitico e innovativo, apprendimento attivo, risoluzione di problemi complessi, pensiero critico e creatività sono alcune delle competenze cruciali nei prossimi cinque anni. 

In questo scenario di rapida trasformazione, la formazione è uno strumento fondamentale per supportare le persone nell’adattarsi velocemente al cambiamento, gestire complessità e incertezza. La sfida attuale per le Organizzazioni è di attrarre queste competenze e/o di sviluppare queste skill al proprio interno. 

Quali sfide ci aspettano e come prepararci? 

 

Le 3 sfide che ci aspettano

  1. Aggiornare le competenze di ruolo (upskilling): alcune competenze diventano obsolete e necessitano di aggiornamento continuo. Si stima che, in un periodo che va dai 2 ai 5 anni, una competenza tecnica può diventare obsoleta.  
  2. Acquisire nuove competenze (reskilling): la trasformazione digitale e i cambiamenti sociali portano alla creazione di nuovi ruoli e mansioni. Per le organizzazioni si apre la grande sfida di riuscire ad attrarre queste competenze dall’esterno o di riqualificare le competenze del proprio staff attraverso la formazione, anche quando l’autoapprendimento e lo sviluppo personale non sono percepiti come necessari o utili.   
  3. Investire sulle soft skill delle persone: come visto, le competenze del futuro sono soft skill (anche dette human skill). Si tratta di competenze che la tecnologia non riesce a emulare perché proprie dell’essere umano. Investire sulle soft skill, soprattutto nell’attuale scenario di rapida evoluzione, significa avere uno staff pronto al cambiamento, in grado di adattarsi velocemente e di gestire complessità e incertezza. 

 

Lo scenario si amplia se aggiungiamo la grande e ulteriore sfida di avere più generazioni a confronto. Il nostro contesto organizzativo sarà sempre più rapidamente popolato da persone differenti non soltanto per attitudini, competenze, etnia ma anche per età. Le nuove generazioni portano nel mondo del lavoro competenze, valori ed esigenze diverse da chi li ha preceduti che chi si occupa di HR e formazione dovrà tenere in conto nel creare nuovi modelli di apprendimento. 

Una ricerca condotta nel 2020 da Cornerstone On Demand sul futuro delle HR mostra come queste sfide aprano le porte a grandi opportunità per le organizzazioni. Se, infatti, da un lato la ricerca mostra come sempre più dipendenti non hanno fiducia nel futuro e temono di non riuscire a stare al passo con l’aggiornamento delle loro competenze, dall’altro le organizzazioni hanno l’opportunità unica di cambiare i propri modelli e offrire un percorso chiaro e pratico per lo sviluppo delle competenze.  

 

Lifelong Learning: autoapprendimento e soft skill

Qualsiasi sia il ruolo o la mansione che ricopriamo, tutti stiamo vivendo il cambiamento costante e abbiamo la necessità di un aggiornamento costante delle nostre competenze. 

Il cosiddetto lifelong learning non è uno dei soliti trend, ma un nuovo approccio all’apprendimento da portare nelle nostre vite. Si tratta, letteralmente, del concetto di “apprendimento per tutta la vita”, spesso anche imparando a lasciare andare vecchi schemi e concetti appresi in passato e che oggi non ci servono più. Si tratta di un concetto apparentemente banale ma che, invece, comporta una profonda trasformazione dei nostri modelli educativi e nella concezione della formazione continua come valore. 

La capacità di auto-apprendere è una soft skill direttamente correlata alla curiosità, la skill che ci spinge al desiderio di conoscenza e di approfondimento. 

Non tutti nasciamo predisposti all’apprendimento continuo o curiosi ma tutti possiamo diventarlo, se sottoposti ai giusti stimoli. Fonti di stimolo come i Ted Talks o diverse piattaforme dove accedere a corsi di formazione online come quella di 4Good Academy per le competenze del Terzo Settore, Udemy, Domestika o Coursera per citarne alcuni, hanno questo scopo: creare uno spazio digitale di apprendimento sulle tematiche più differenti

Stimolare l’autoapprendimento e lo sviluppo personale attraverso iniziative di formazione stimolanti e coinvolgenti porta ad avere uno staff più dinamico e propositivo.

Quali approcci scegliere per stimolare la curiosità nelle persone e per la formazione delle soft skill? Vediamone alcuni: 

  1. Problem based learning: si tratta di ricreare situazione e contesti di vita lavorativa reale in cui si chiede a un gruppo di persone di collaborare per risolvere un problema e proporre una soluzione;
  2. Learning by doing: le persone imparano direttamente sul campo una determinata competenza. Strumenti utili possono essere workshop, la gamification e role play ma vanno progettati sulla base delle esigenze specifiche delle persone da formare;
  3. Learning with peers: l’apprendimento, in questo caso, avviene attivamente sul posto di lavoro mentre la persona svolge il suo compito e agisce dei comportamenti. Lo strumento da utilizzare è il feedback dato dai colleghi e porta la persona a prendere consapevolezza dei suoi punti di forza e aree di miglioramento; 
  4. Mentoring: con questo approccio, il formatore è concepito non come insegnante ma come facilitatore dell’apprendimento in grado di guida nel percorso di crescita.  

 

Formazione personalizzata: la persona al centro

Prima della diffusione del concetto di lifelong learning, i modelli tradizionali per lo sviluppo delle persone si basavano sul concetto di formazione standardizzata. L’obiettivo era formare competenze durante gli studi che durassero “tutta la vita”. 

Abbiamo visto come, nell’era della velocità portata dalla trasformazione digitale, concetti simili possono ormai considerarsi superati. Di fronte ai cambiamenti demografici e sociali in atto, alla digitalizzazione, all’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, si fanno spazio nuove modalità di lavoro, più virtuali e informali.  

Diventa quindi fondamentale analizzare le nuove necessità formative del nostro staff per essere in grado di dare pronta risposta con una strategia adeguata. 

Il primo passo nel passaggio da modelli formativi standard a modelli personalizzati, è partire dal concetto di centralità della persona: il nostro staff non è una massa omogenea di persone ma un insieme di personalità, attitudini, competenze e potenzialità differenti. Le azioni formative vanno quindi pensate sulla base di questi elementi e degli interessi specifici delle persone, oltre che del ruolo ricoperto. 

Con un modello di formazione personalizzata diviene centrale il valore della diversità: ogni individuo è unico e irripetibile e, in quanto tale, anche il suo impatto in termini di obiettivi raggiunti sarà unico. 

 

Formazione continua: il reskilling non è un intervento spot

L’aggiornamento di ruoli e competenze ormai e la continua richiesta di nuove competenze porta le organizzazioni a una mancanza di competenze da colmare

Un processo di acquisizione di nuove competenze (reskilling) può essere basato sullo sviluppo dei talenti interni alla nostra organizzazione. L’obiettivo, come visto, è far in modo che le persone sviluppino una maggiore capacità di adattamento e di rapidità nell’apprendimento. 

Sia per le competenze trasversali che per quelle tecniche, le azioni di reskilling vanno pensate come interventi costanti e di lungo periodo: se le competenze diventano obsolete in pochi anni, soltanto un approccio formativo continuo e dinamico permetterà alle organizzazioni di restare competitive. 

 

Come farlo? Ecco alcuni suggerimenti:

  1. Analisi di scenario: partire dal chiedersi quali sono le competenze necessarie a manager e staff per affrontare i nuovi scenari competitivi sia alla luce dell’emergenza sanitaria in corso sia alla luce dei nuovi driver tecnologici che da anni guidano il cambiamento;
  2. Assessment dello stato attuale: riconoscere quali competenze sono interne alla nostra organizzazione, partendo da un modello di valutazione delle competenze (test di autovalutazione, test tecnici con domande di contenuto, esercizi, ecc);
  3. Definizione di una strategia di Learning & Development: fissare obiettivi chiave partendo delle priorità rispetto ai gap di competenza da colmare; 
  4. Progettazione del Learning Path: costruire il percorso di apprendimento personalizzato, gradevole ed efficace sulla base delle esigenze specifiche, del grado di maturità digitale e degli interessi delle persone. In questa fase, definire con coerenza i temi, le modalità (online, in presenza, mista?), l’output del corso (certificazione, open badge, ecc).  

 

E se la formazione fosse un gioco?

Competenze digitali limitate, mancanza di motivazione, noia: sono tre delle resistenze alla formazione online che Christopher Pappas individua in un suo articolo del 2016 pubblicato online da eLearning Industry. Dopo quattro anni da questo articolo, ci ritroviamo totalmente immersi in contesti digitali e la nostra quotidianità è vissuta per la maggior parte online. Le resistenze individuate nel 2016 da Pappas sono oggi ancora più forti: dopo l’anno appena trascorso, le persone sono stanche delle modalità di lavoro esclusivamente digitali e potrebbero non sentirsi motivate dal fruire di contenuti formativi online (sopratutto se si tratta di formazione obbligatoria). 

Come spingere allora le persone a formarsi continuamente con curiosità e impegno? 

La formazione innovativa, in questo contesto, è strategica al fine di prendere consapevolezza delle sfide del momento e superare gli ostacoli e le resistenze. Costruire, per esempio, contenuti interattivi e divertenti che facciano vivere l’esperienza di apprendimento come un gioco, combinando sia l’esperienza online che l’apprendimento offline (blended learning), può essere un’opzione valida. 

Per fare un altro esempio, una tendenza in atto negli ultimi anni è quella nel microlearning, l’erogazione di micro-contenuti formativi in sessioni brevi e veloci, ma al contempo ben strutturati e facilmente accessibili anche da dispositivi mobile. 

Il ruolo fondamentale dell’organizzazione rispetto alla formazione è di creare un ponte tra educazione e intrattenimento, di centrare l’attenzione sull’esperienza online dell’utente e disegnare percorsi che stimolino la curiosità e il coinvolgimento. 

 

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Commenti

    • Sonia Falcone - 19/05/2021

      Concordo appieno. La persona è al centro dello sviluppo aziendale. Attivare la conoscenza di sé, dei limiti, delle potenzialità, degli obiettivi che si vorrebbe raggiungere all’interno del contenitore aziendale significa rafforzare e implementare l’azienda. I dipendenti sono tutti anelli di una grande catena di montaggio, ognuno con un proprio valore aggiunto e con un contributo necessario a realizzare una Mission più completa e solida. L’azienda è fatta di uomini e donne di cui il vertice è solo manifestazione finale. Se il vertice riesce a mettere a disposizione gli strumenti giusti per attivare questo meccanismo e porre linee guida che ne agevolino e veicolino la conoacibilita’ attraverso una formazione interattiva e interdisciplinare avrà già svolto il 90% del suo obiettivo.

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