Chi è e cosa fa un educatore professionale?
Recuperare, reinserire e restituire dignità alle persone con disagio. Questo, in estrema sintesi, è il compito dell’educatore professionale. Si tratta di un professionista delle professioni sociali che opera in diversi ambiti: disabilità, dipendenza, sistema carcerario, minori, famiglie o anziani.
Data l’ampiezza dei settori di intervento, infatti, il ruolo dell’educatore ha assunto grande importanza anche all’interno delle organizzazioni non profit, uscendo dall’ambito operativo strettamente legato al solo servizio pubblico.
Ma, come si diventa educatore professionale?
Che tipo di formazione scegliere per diventare educatore professionale?
Le basi di studio per intraprendere una carriera da educatore professionale, possono partire già dalla scuola superiore, scegliendo un indirizzo a carattere sociale e psicopedagogico. Tuttavia, sappiamo bene che la scelta della scuola superiore avviene in giovanissima età ed è difficile, a 14 anni, avere le idee chiare sul proprio futuro professionale.
Per questo motivo, è la formazione universitaria a fare la differenza. In questo senso, in termini di legge, è necessario scegliere uno di questi due percorsi.
- Corso di Laurea triennale in Educatore Professionale Sanitario (Classe SNT/02)
- Corso di Laurea triennale per educatore professionale (Classe L19)
Come al solito, quando si parla di corsi di laurea, consigliamo di seguire la classe, in quanto le denominazioni possono cambiare a seconda dell’ateneo di riferimento. Questi due percorsi, inoltre, sono differenti, in quanto differenziano il tipo di professionista, se più orientato all’aspetto sociale oppure a quello sanitario.
Entrambi i percorsi prevedono ore di tirocinio. Si tratta di percorsi molto utili per confrontarsi direttamente con il lavoro sul campo. Ma, soprattutto, sono obbligatori e propedeutici alla laurea e all’abilitazione: da quest’anno, infatti, è prevista l’iscrizione a un apposito albo professionale.
Dopo la laurea triennale, si possono intraprendere percorsi universitari magistrali in ambito sanitario (classi LM, SNT/02) o socio-psicopedagogico (classi LM50, LM57, LM85, LM93). Ai quali, si potranno integrare con master, scuole di specializzazione e – soprattutto – corsi di perfezionamento ECM (Educazione continua in medicina che permette al professionista sanitario la formazione continua), obbligatori per le professioni sanitarie.
(vai all’articolo: Cosa bisogna studiare per diventare educatore professionale?)
Di cosa si occupa l’educatore professionale?
Come dice la parlo stessa, svolge un ruolo educativo. E, come spesso accade per le professioni sociali, l’educatore sociale opera in rete con altri professionisti: assistenti sociali, psicologi, operatori sanitari.
L’educatore professionale si occupa degli interventi psicopedagogici a favore di persone a rischio. Accompagna le persone in un processo di crescita fatto di piccoli passi. Progetta interventi mirati, insieme alla rete di altri professionisti e istituzioni, seguendo la persona in modo costante e verificandone i progressi.
In altri termini, si occupa di mettere in atto interventi educativi e riabilitativi, nell’ambito di un progetto terapeutico. L’obiettivo e il recupero e l’autonomia della vita quotidiana della persona in carico, siano essi minori, detenuti, anziani, disabili, richiedenti asilo, vittime di tratta o presone con problemi di dipendenza.
Gli ambiti in cui lavora sono differenti. Infatti non si parla più di educatore in modo generico, ma sono state introdotte delle differenze tra l’educatore socio-sanitario, quello socio-pedagogico, quello socio-culturale proprio al fine di sottolineare le specificità di queste figure alle quali corrispondono percorsi formativi differenti.
In questo momento storico, nel privato sociale, gli interventi più richiesti sono a favore di richiedenti asilo e rifugiati, anche se sicuramente nei prossimi anni questo un tipo di lavoro andrà a ridursi, soprattutto per chi lavora nelle strutture straordinarie. Un altro ambito su cui la richiesta è alta, è quello delle famiglie: nuclei in difficoltà, disabilità, separazioni conflittuali, maltrattamenti, percorsi con adolescenti. Oppure gli interventi nelle carceri, con percorsi con i detenuti.
Le soft skills di un educatore professionale
L’educatore professionale deve avere una forte propensione alle relazioni umane. Si tratta di una professione a stretto contatto con l’utenza, per questo motivo il lavoro deve essere orientato alla persona. Sebbene ci sia una parte di pianificazione e un lavoro amministrativo, quello dell’educatore non è un lavoro da svolgere dietro una scrivania.
Per questi motivi, bisogna essere in grado di avere forti capacità di risoluzione dei problemi, flessibilità, apertura mentale e risoluzione delle conflittualità. Un plus, sono le conoscenze linguistiche.
Si tratta di caratteristiche personali, che tornano utili non solo per il lavoro con l’utenza. L’educatore, infatti, opera all’interno di èquipe multidisciplinari. Quindi anche il teamworking è una caratteristica da sviluppare al meglio.
Vedi le posizioni lavorative aperte in questo momento per gli educatori professionali
Commenti
Franca Tontoli - 08/04/2021
È normale che una persona, che studia per diventare educatore. Istiga e provoca un’altra persona alla violenza. Sapendo che quest’altra persona è fragile.???grazie se mi darete una risposta plausibile.
Luca Di Francesco - 09/04/2021
Ciao Franca. Purtroppo anche se una persona ha intrapreso un percorso formativo per diventare educatore professionale, può non essere in grado di relazionarsi in maniera equilibrata come nella circostanza che ci hai riportato.
Essere iscritti ad un determinato corso di laurea non qualifica le persone. Chiunque può iscriversi ad un percorso di studi senza che per questo debba sostenere un esame psicoattitudinale. Si spera però che quando sarà il momento di passare dalla scuola al mondo del lavoro, il datore di lavoro esegua una verifica di quel tipo per verificarne la compatibilità con il ruolo.
Ma anche in questo caso può benissimo essere che la persona a cui ti riferisci non abbia problemi a trovare lavoro nonostante abbia dei comportamenti deprecabili in questo momento della sua vita.
L’empatia, la compassione e l’intelligenza emotiva non si imparano a scuola.