Mediatore culturale: chi è e cosa fa?

Chi fa mediazione culturale viene spesso definito come un ponte tra culture, lingue e società diverse: è diverso dal mediatore linguistico perché si occupa di favorire al meglio la comunicazione, l’integrazione e la comprensione dal punto di vista della cultura, di cui la lingua fa parte ma non è totalizzante.

Cosa fa esattamente chi fa mediazione culturale?

  • Mediazione linguistica: il mediatore culturale deve conoscere una o più lingue proprio per favorire la comunicazione tra gli stranieri e i paesi in cui si trovano. Il lavoro di traduzione è fondamentale per comprendersi e favorire gli scambi, ma non è l’unica cosa che permette la mediazione culturale.
  • Comunicazione: il mediatore culturale si occupa soprattutto di comunicazione tra culture diverse per favorire la comprensione e gli scambi interpersonali. Per fare questo deve conoscere norme e costumi dei paesi delle persone di cui si occupa e trovare un modo equo e non discriminatorio/offensivo per comunicarle.
  • Supporto e consulenza: I mediatori culturali possono fornire supporto e consulenza a individui che si trovano ad affrontare sfide legate all’integrazione in una nuova cultura. Questo può includere assistenza in ambito legale, educativo, sanitario, e in altre situazioni di vita quotidiana.
  • Integrazione sociale: l’obiettivo primario della mediazione culturale è favorire l’integrazione di persone straniere e/o migranti nei paesi in cui si trovano, lavorando quindi per la comprensione e il rispetto reciproci.
  • Gestione dei conflitti: spesso i mediatori culturali vengono chiamati a risolvere conflitti nati per questioni di differenze culturali.

Che cosa studia il mediatore culturale?

Come abbiamo già detto, per fare mediazione culturale bisogna conoscere bene almeno una lingua straniera, per questo solitamente si parte da una Laurea Triennale in Mediazione Linguistica (L12) o in generale in lingue straniere (L11), ma è possibile fare questa professione anche con lauree in antropologia e sociologia.

Dopo la triennale solitamente ci si indirizza verso un corso specifico di mediazione culturale, studi interculturali o indirizzi simili che uniscono la parte linguistica con quella culturale/legale/antropologica, anima di questa professione.

Dove può lavorare? In che ambiti?

Il mediatore culturale può lavorare sia in strutture pubbliche che private: comuni, ospedali, scuole, carceri, tribunali, ma anche centri di accoglienza, centri di collocamento, ONG. Oltre ciò, questa figura può collaborare e lavorare in aziende con una forte diversità culturale, ma anche nell’aiuto di scambi commerciali e strutture turistiche.

Quali sono le soft skills da avere se si vuole fare mediazione culturale?

Essendo una professione molto legata al concetto di umanità, rispetto e comprensione, le principali soft skills che bisognerebbe possedere sono correlate proprio a queste capacità umane: empatia, ascolto attivo, tolleranza, comprensione. Inoltre, come già accennato, spesso capita di essere chiamati proprio a gestire i conflitti: problem solving e adattabilità in diversi contesti risultano fondamentali. 

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